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Le Rogge ("Roye")



Un magnifico elemento del paesaggio culturale alpino: i canali irrigui

Descrizione

(Testo ripreso da un articolo di Ezio Sesia - https://camoscibianchi.wordpress.com/2015/12/13/roye-a-coassolo/)
A Coassolo, nella valle del Tesso nel suo vasto e fertile territorio alle falde del monte Vaccarezza fin dal medioevo gli abitanti avevano acquisito abilità nel progettare e realizzare canali irrigui artificiali, tanto che Michele de Banche “de Cohazolio” (Coassolo) compare nel 1458 come “magister bealerii” (mastro della bialera, cioè del canale) fra i testimoni dell’atto notarile per la costruzione dell’importante canale Maria Bona, tra la Val Clarea e Giaglione, in Val di Susa, terminato poi nel 1462 e tuttora funzionante.
Nel territorio di Coassolo funzionavano 13 canali irrigui artificiali principali (detti “roye”, come in tutte le Valli di Lanzo), che insieme a numerose derivazioni secondarie di lunghezza spesso rilevante, alimentavano lavatoi e assicuravano a prati, pascoli, campi e frutteti il necessario contributo idrico, essenziale su un versante tendenzialmente esposto pressochè per intero a Sud come quello coassolese; oggi la maggior parte di essi è abbandonata, ma qualcuno ancora resiste.

L’esempio più interessante e significativo è la “roya d’Beugn” (roggia di Bogno, dal nome della frazione dove arriva). Essa ha origine sulla sinistra idrografica del torrente Tesso, in una gola selvaggia e suggestiva a circa 715 m. di quota, e dopo una parte nell’incassato vallone, a tratti scavata nella roccia e sorretta da muri in pietra a secco, passa accanto al cimitero di Coassolo San Nicolao e si porta sul piccolo altopiano della frazione Bogno 650 m., da cui scende poi a riversarsi in un rio secondario, detto “Arian d’la Prera”, presso la strada Lanzo-Coassolo, a quota 550 m. circa. Il percorso della roggia principale è di circa 5 km., a cui vanno aggiunti i rami secondari che servono altri appezzamenti, talvolta sviluppandosi per diverse centinaia di metri.
La scritta “FDG 1844” incisa sulla pietra nel muro a monte della roggia, tra il cimitero di Coassolo e il sentiero che arriva dalle case De Michelis, ne indica la probabile data di costruzione, o quella di importanti lavori; agli inizi del ‘900 erano circa 70 gli utenti che ne fruivano, e fino agli anni ’80 del secolo scorso era operativa all’incirca da metà aprile a metà settembre. Era tale la sua importanza che un apposito addetto, il “rouyé” (omologo dei “reuvans” valdostani, dei “gardiens de bisse” vallesani e dei “waaler” venostani), era incaricato di curarne il regolare funzionamento e di sorvegliare il rispetto dei turni d’uso.
Intorno alla metà degli anni ’80 fu intubata nel primo tratto, il più difficoltoso per la manutenzione, e al presente funziona ancora tutto l’anno al servizio di prati e orti, gestita da un apposito consorzio che ne cura la manutenzione e controlla le turnazioni per il prelievo dell’acqua; gli utenti sono attualmente 62, e, come accadeva non di rado in passato, può succedere che qualche questione sull’uso della roggia possa capitare anche oggi…
Si può percorrere il sentiero di servizio alla roggia partendo dal cimitero di Coassolo San Nicolao (segnavia n. 408; è il percorso che porta al santuario di Marsaglia), procedendo verso monte; dove una diramazione sale a destra (indicazione Marsaglia), la si trascura continuando a seguire il sentiero pianeggiante lungo il canale, ora meno battuto e un po’ invaso dalla vegetazione (consigliabile pertanto passare a inizio primavera o nel tardo autunno), fino alla ben visibile presa nel torrente Tesso (1 ora circa dal cimitero).

Tra le altre rogge coassolesi, insieme a quelle di Banche e del Crest possiamo ricordare la roya di Castiglione; essa aveva origine a quota 770 m. circa sulla destra idrografica del torrente Tessuolo, presso il mulino Francone (attivo fino agli anni ’60 del XX secolo e i cui resti sono ancora ben visibili), accanto al bel ponte in pietra, uno dei diversi manufatti di questo tipo ancora esistenti nel territorio di Coassolo. Con un percorso di 2 km. circa serviva la grossa frazione di Castiglione, a 700 m. di altezza; ormai poco visibile e non più in uso, se ne può raggiungere la parte iniziale scendendo brevemente lungo una carrareccia dalle case Piat verso il torrente.
Sempre sulla destra idrografica del Tessuolo, poco più a monte, appena sopra il ponte stradale per Vietti-San Pietro, a quota 815 m. circa deriva la roya del Molar; è tuttora ben visibile dove essa, dopo un tratto sorretto da un muro in pietra a secco, aggira un grande masso, per poi passare sotto la sede stradale e proseguire a valle della carrozzabile. Da tempo abbandonata, con percorso di circa 2,5 km. arrivava fino alla frazione Molar, a quota 750 m., appena sopra il capoluogo comunale di Coassolo.
Infine interessa il territorio di Coassolo la parte iniziale dell’importante “roya d’i Frà” (Roggia dei frati) , tuttora funzionante. Parte sulla sinistra idrografica del Tessuolo presso il bel ponte Casassa, raggiungibile dalla frazione Castiglione con un breve tratto in discesa (segnavia n. 420), a quota 630 m. circa. Intubata nel primo tratto, la si può piacevolmente seguire, anche se a volte i rovi disturbano un po’, e, scendendo per una quindicina di metri ove essa tende a perdersi, la si ritrova più in basso, con frequenti tratti a cielo aperto, fino ad arrivare nei pressi dell’incrocio con la strada Oviglia-Coassolo San Pietro; più avanti essa attraversa terreni privati e prosegue in direzione dell’Eremo di Lanzo, ove abitavano i “Frati” da cui la roggia prese il nome.
Questa e altre rogge consentono, lungo i loro pianeggianti sentieri di servizio, facili e piacevoli passeggiate, adatte anche a camminatori poco allenati, ideali nelle stagioni intermedie, alla scoperta di zone tranquille e suggestive; la loro valorizzazione, come già è avvenuto in Val Venosta e nel Vallese, senza richiedere grandi investimenti potrebbe senza dubbio incrementare anche le attrattive delle nostre valli.






La derivazione della roya d’Beugn dal torrente Tesso. Foto Daniela Berta


Prima parte del ruolo degli utenti roggia di Bogno, agli inizi del ‘900. Foto Daniela Berta



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